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Acustica ed Emozioni

 
Il testo cui sto accingendomi a scrivere tratta della coscienza acustica di ogni persona. Già parlare di coscienza e scienza risulta difficile, perché la coscienza non si vede e non è misurabile, la scienza ha bisogno di prove concrete di valutazione.

Collante tra questi due fattori umani è la voce, quella con cui impariamo ad esprimere concetti che ci servono a vivere, la voce umana essendo soggetta al vaglio della coscienza, ed essendo reale, è lo strumento con cui possiamo concretizzare la nostra coscienza.

Per poter esprimere un concetto, ci hanno insegnato a pronunciare e scrivere le parole, alle quali abbiamo attribuito dei concetti ben precisi, che rappresentino per tutti la stessa cosa, se diciamo o pensiamo “mamma” ognuno pensa alla propria, se diciamo “casa” ognuno pensa a quella dove è nato o a quella dove abita, quindi le parole sono il mezzo per indicare un concetto comune.

Abbiamo trovato concetti comuni e li abbiamo catalogati in lingue e scritture diverse intersecabili, perché comuni al genere umano, anche se rimangono attribuzioni che vengono selezionate fino ad arrivare al proprio nucleo familiare di origine.

Questo però non ci basta, nel momento in cui pronunciamo una parola, dobbiamo contemporaneamente indicarne il motivo, per questa esigenza pronunciamo le stessa parola diversamente, se una cosa ci piace la pronunciamo in un modo, se non ci piace la pronunciamo in un altro modo, questo è il momento in cui emerge la volontà del singolo individuo.

Per assoggettare il significato delle parole al nostro volere, usiamo modificare il timbro, il volume, o la durata della parola, per trasmettere un messaggio specifico, pratica che comincia ascoltando, da prima della nascita,  in un ambiente confortevole dove non abbiamo esigenze, poi con la nascita e la separazione dal cordone ombelicale,  ci sorge l’esigenza di comunicare le necessità,sonno, fame, ecc. ecc.  cercando conferme tramite l’udito, per cercare la stessa sicurezza precedente la nascita, incominciando  a comunicare usando la voce, imparando dei versi a cui corrisponde un’esigenza .

Impariamo ad immagazzinare ed esprimere esigenze con ogni mezzo a nostra disposizione, con  i sensi comprendiamo e ci confrontiamo per imparare a ricevere quello di cui abbiamo bisogno, tra questi sensi quello che usiamo di più per comunicare è la voce scritta o parlata, perché è quella con cui riusciamo a concretizzare anche un pensiero astratto.

Il pensiero di una persona anche se scritto, deve essere interpretato, nell’interpretazione siamo soli e leggiamo quasi sempre pensando al suono della nostra voce, o di chi scrive, se lo conosciamo, la quale è capace di immedesimarsi allo scritto e comprendere tramite le sensazioni, le emozioni insite al messaggio, diversamente il pensiero parlato ha bisogno di essere espresso con un atteggiamento consono alla situazione, per esempio,  non  annunceremmo mai qualcosa di molto brutto ridendo, affinché il messaggio passi, bisogna sempre avere un atteggiamento della voce consono a quello che pensiamo.

Nel linguaggio parlato la comunicazione essenziale avviene quindi,  tramite la scelta del tono di voce, dove usiamo alzare e abbassare il tono della voce per nostra volontà, questo per dare un significato ben preciso alla parola, poniamo però il caso che due persone che stanno parlando possiedano per natura, due livelli tonali diversi, è possibile che nella comunicazione un messaggio acustico possa essere interpretato diversamente dalla volontà di chi lo pronuncia, perché per chi lo interpreta è realmente un’altra cosa.

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Il linguaggio umano possiede un parte sonora chiamata vocali, le vocali sono i versi più spontanei della voce, già da quando ancora non sappiamo parlare, sono i versi istintivi in dotazione all’umano, perché sono prodotte da vibrazioni regolari, prodotte con il passaggio dell’aria contenuta nei polmoni, alla cui modifica partecipa l’intero apparato fonatorio, ma che vibrando risuonano nel torace e nel cranio, acquistando un volume notevole.

Si può dire che le vocali sono state il nostro primo gioco, le abbiamo fatte vibrare piano e forte fino ad impadronircene dell’uso e del significato, che man mano immagazziniamo nelle associazioni tra produzione ed effetto, quando ci serve le usiamo in quel modo e riusciamo ad ottenere quello di cui abbiamo bisogno in quel momento, una sorta di pulsante che premiamo per muovere un congegno.

All’apprendimento dell’uso delle vocali partecipa l’udito per sentire gli altri e noi stessi , ed è ascoltando che conosciamo il canto e la musica, la prima lezione è il canto della ninna nanna, dove conosciamo vocali lunghe e ripetute, che cantate dalla voce a noi più familiare ci tranquillizzano e ci inducono a dormire.

Risulta evidente che cantare le vocali e riconoscerne il significato, è la prima pratica musicale che compiamo, con essa costruiamo il nostro modo di parlare ed esprimerci, condizione necessaria per vivere in società.

L’evidenza dimostra che la società è formata da persone distinte l’una dall’altra, al punto che siamo individuabili tra miliardi di persone, quindi è ipotizzabile che ci possano essere delle differenze oggettive  tra le persone indipendentemente dalla loro volontà, quindi possediamo delle caratteristiche fisiche differenti  e catalogabili.

Tra le caratteristiche individuali, la voce è sicuramente una delle principali, tanto quanto il nostro aspetto fisico, il quale è riconosciuto guardando, la voce la riconosciamo anche al buio o anche tra molte persone che interloquiscono contemporaneamente.

La catalogazione delle voci avviene per generi, maschio, femmina, adulto bambino, stabilendo una estensione acustica dal più grave al più acuto, chiamata estensione vocale, la quale è stata divisa in regioni come basso, baritono,tenore contralto e soprano, bianche, nelle quali sono incastonate le frequenze che riusciamo ad emettere lungo il corso della nostra crescita, la quale si modifica con l’età riuscendo a mantenerne la caratteristica timbrica specifica di ogni persona.

La pratica musicale essendo nata insieme all’uomo, vanta una esperienza antichissima, dove con il canto ed il ritmo abbiamo cominciato a comunicare, abbinando un ritmo ed un canto alle varie esigenze del vivere in società, costruendo strumenti musicali con cui riusciamo a fare quello che non riusciamo a fare con il nostro corpo, sicuramente si può immaginare come il primo strumento possa essere stato a percussione, pratica che ha dato modo di constatare che battendo su legni di diverse dimensioni e qualità modificava il suono, su un legno grande si ottenevano suoni grandi con molto volume, su legni piccoli si ottenevano suoni più acuti e con meno volume, ma udibili anche da molto lontano nel caso fosse legno duro.

Con il passare del tempo abbiamo cominciato a catalogare i suoni mettendoli dentro gli strumenti musicali, non credo sia possibile immaginare quale sia stata la prima nota, ma sicuramente era una nota il cui suono provocava un qualche genere di piacere, a cui sono state abbinate man mano tutte le note belle che venivano trovate, abbinandole tra di loro quando queste risultavano piacevoli insieme,  catalogandole alla fine per tonalità, cioè un gruppo di note che stanno bene assieme, ma con una struttura basata sulla nota più grave, e con distanze da essa chiamati intervalli,formati da toni e semitoni usati come altezza dei gradini della scala per andare da un suono al suo doppio, in termini di vibrazioni o hertz, chiamata ottava,   intervalli  i quali assumono importanza in base alla loro distanza dalla più bassa chiamata tonica, da cui prende nome la tonalità, dopo la tonica, la seconda per importanza è la terza perché denota il carattere maggiore o minore della tonalità spostando la terza di un semitono più in basso, quindi la terza può essere formata da  due toni nel caso della maggiore o da un tono e un semitono, nel caso di una minore, terza per importanza è la quinta detta anche giusta, terza nota della triade con cui si stabiliscono i parametri di una tonalità.

Le tonalità hanno delle regole di abbinamento, da utilizzare nella pratica musicale per variare il carattere del discorso, un po’ come si varia la voce per raccontare un qualcosa che continua e varia il discorso.

Con l’esperienza dell’ascolto e della pratica è risultato evidente che non tutte  le tonalità stanno bene assieme o in successione, perché contengono suoni che possono essere dissonanti tra di loro, le tonalità si combinano tra di loro sfruttando la minima differenza cioè un suono o nessuno, nel caso di relative minori, causando un effetto di cambiamento utilizzando la nota non comune, mantenendo così  il tema di un discorso, come noi quando parliamo non ridiamo piangendo mentre parliamo di ricetta di cucina, odi tecniche di costruzione, nel discorso adoperiamo il tono consono al messaggio che vogliamo trasmettere, le quali regole ricadono poi nella pratica musicale, affinché il discorso musicale abbia un senso compiuto come il discorso verbale, la musica però ha delle regole ormai scientifiche, perché possiamo misurare gli hertz dei suoni e stabilire quali fanno parte di una tonalità e quali di altre.

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La voce umana parlata normalmente, possiede anch’essa una struttura acustica, basata sul suono più grave emesso tramite l’uso della risonanza del torace,  al più acuto,  emesso tramite l’uso della risonanza del cranio.

La misurazione della risonanza del torace e del cranio sono possibili in due modi, o ad orecchio o anche elettronicamente.

Con la misurazione della risonanza del torace e del cranio, è possibile la rilevazione dei tre suoni  che formano  la triade dell’accordo principale di una tonalità, per poter  ascoltare  la tonica bisogna percuotere leggermente lo sterno con le dita, quando i polmoni sono completamente privi di aria, per poter ascoltare la terza bisogna percuotere la fronte con un dito, per ascoltare la quinta bisogna percuotere lo sterno con le dita quando i polmoni sono completamente pieni di aria o il diaframma completamente aperto.

Per il confronto della nota è meglio usare un pianoforte come metro, esso contiene tutti i suoni , dopo aver trovato la triade si può confrontarla con il pianoforte a corde libere, cioè con il pedale di destra  abbassato, arpeggiando leggermente a due mani la triade e i suoi risvolti, nella regione medio basso della tastiera del pianoforte.

In tale situazione acustica, la voce emessa con pochissimo volume,  per non modificare la risonanza del torace, subisce un oscuramento al punto che chi parla non percepisce la propria voce, per far riemergere la voce basta spostare  di un tono in su o giù i suoni sul pianoforte.

A questo punto  se proviamo a cantare la vocale A sulla tonica, possiamo notare quanto sia facile intonare e tenere costante la sonorità del suono della tonica,  riuscendo  facilmente a produrre un salto di sua ottava, perché nel linguaggio è molto usato, ( chi non ci riesce, basta fargli dire “perché” “interrogativo” se questi è accordato in maggiore, quelli accordati in minore l’interrogativo lo producono con un salto di quinta) , per coscienza meglio constatare quanto sia difficile intonare e tenere costante l’emissione della settima, cioè un semitono sotto e la difficoltà del suo salto di ottava.    

Per l’affinamento di queste misurazioni sono passati quasi due decenni, durante i quali sono state raccolte informazioni rilevanti circa l’impiego nell’arte e nella società.

Conoscendo la nostra identità acustica, è possibile trovare da subito un impiego nel mondo della musica, con la scelta dello strumento da adoperare per fare musica, problema non da poco se si vuole assecondare il bisogno o piacere di produrre musica, se si adopera uno strumento dissonante con la nostra sonorità e come se ci facessero parlare con la voce di un’altra persona, per cui non riconoscendo il nostra voce musicale nella sonorità dello strumento, oltre a convincerci di non saper suonare , ci allontanerebbe dalla musica.

Altra applicazione nel caso di strumenti come l’organo, il pianoforte, l’arpa o la chitarra, far suonare da subito nella propria tonalità, aumenta il piacere di suonare e accorcia i tempi di memorizzazione di una melodia.

Per il canto in qualunque sua forma, appare essenziale sapere in quale tonalità la nostra voce è più libera e produce più sonorità, ogni tonalità presenta delle difficoltà sulla settima, cioè un semitono sotto la nostra nota tonica, con questo non è che non si possa cantare un SI un DO# o un FA# , dipende dalla nostra tonalità,  ma non possiamo emetterle con la stessa sicurezza e ampiezza delle altre,  perché si trovano in dissonanza con la nostra nota fondamentale.

La sensibile risulta problematica anche per strumentisti che suonano strumenti ad arco o a fiato, dove comunque bisogna pensare la nota prima di produrla con lo strumento,  non essendo una nota in dotazione al nostro strumento, si tende a produrla calante e tremolante.

Stesse regole per la composizione e l’improvvisazione, all’inizio si frequentano varie tonalità poi si trova la forma e le tonalità preferite, lo si nota in tutti i compositori, dove anche se ce ne sono stati che hanno composto in tutte le tonalità, si può notare una costante in relazione alle composizioni importanti, o come molte persone che suonano jazz o blues, hanno riconosciuto nelle note misurate dal loro torace e cranio, una sorta di calamita a cui devono stare attenti.

Carmelo Gaudino

 

 

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